mercoledì 19 novembre 2008

Torquato Tasso, Gerusalemme liberata, canto VII

Ambientato durante l'epoca delle crociate, il poema eroico-cavalleresco "Gerusalemme liberata" consta di 20 canti di ottave e l'autore se ne occupò per quasi tutta la sua vita, apportandovi nel tempo diverse modifiche. La prima edizione fedele dell'opera si ebbe nel 1584 a cura di Scipione Gonzaga. L'azione del poema si apre nel periodo conclusivo della lotta tra cristiani e musulmani, con Goffredo di Buglione che riceve l'ordine divino di conquistare al più presto il Santo Sepolcro agli infedeli. La composizione del poema, l'opera più rappresentativa di Torquato Tasso, procurò molte sofferenze al suo autore, continuamente preoccupato per l'ortodossia del suo contenuto. Intanto Erminia infra l'ombrose piante d'antica selva dal cavallo è scòrta, né piú governa il fren la man tremante, e mezza quasi par tra viva e morta. Per tante strade si raggira e tante il corridor ch'in sua balia la porta, ch'al fin da gli occhi altrui pur si dilegua, ed è soverchio omai ch'altri la segua. 2 Qual dopo lunga e faticosa caccia tornansi mesti ed anelanti i cani che la fèra perduta abbian di traccia, nascosa in selva da gli aperti piani, tal pieni d'ira e di vergogna in faccia riedono stanchi i cavalier cristiani. Ella pur fugge, e timida e smarrita non si volge a mirar s'anco è seguita. 3 Fuggí tutta la notte, e tutto il giorno errò senza consiglio e senza guida, non udendo o vedendo altro d'intorno, che le lagrime sue, che le sue strida. Ma ne l'ora che 'l sol dal carro adorno scioglie i corsieri e in grembo al mar s'annida, giunse del bel Giordano a le chiare acque e scese in riva al fiume, e qui si giacque. 4 Cibo non prende già, ché de' suoi mali solo si pasce e sol di pianto ha sete; ma 'l sonno, che de' miseri mortali è co 'l suo dolce oblio posa e quiete, sopí co' sensi i suoi dolori, e l'ali dispiegò sovra lei placide e chete; né però cessa Amor con varie forme la sua pace turbar mentre ella dorme. 5 Non si destò fin che garrir gli augelli non sentí lieti e salutar gli albori, e mormorar il fiume e gli arboscelli, e con l'onda scherzar l'aura e co i fiori. Apre i languidi lumi e guarda quelli alberghi solitari de' pastori, e parle voce udir tra l'acqua e i rami ch'a i sospiri ed al pianto la richiami. 6 Ma son, mentr'ella piange, i suoi lamenti rotti da un chiaro suon ch'a lei ne viene, che sembra ed è di pastorali accenti misto e di boscareccie inculte avene. Risorge, e là s'indrizza a passi lenti, e vede un uom canuto a l'ombre amene tesser fiscelle a la sua greggia a canto ed ascoltar di tre fanciulli il canto. 7 Vedendo quivi comparir repente l'insolite arme, sbigottír costoro; ma li saluta Erminia e dolcemente gli affida, e gli occhi scopre e i bei crin d'oro: "Seguite," dice "aventurosa gente al Ciel diletta, il bel vostro lavoro, ché non portano già guerra quest'armi a l'opre vostre, a i vostri dolci carmi." 8 Soggiunse poscia: "O padre, or che d'intorno d'alto incendio di guerra arde il paese, come qui state in placido soggiorno senza temer le militari offese?" "Figlio," ei rispose "d'ogni oltraggio e scorno la mia famiglia e la mia greggia illese sempre qui fur, né strepito di Marte ancor turbò questa remota parte. 9 O sia grazia del Ciel che l'umiltade d'innocente pastor salvi e sublime, o che, sí come il folgore non cade in basso pian ma su l'eccelse cime, cosí il furor di peregrine spade sol de' gran re l'altere teste opprime, né gli avidi soldati a preda alletta la nostra povertà vile e negletta.

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