Il Mattino
secondo la lezione del Manoscritto Ambrosiano IV,3-4
Sorge il mattino in compagnìa dell’alba
innanzi al sol, che di poi grande appare
su l’estremo orizzonte a render lieti
gli animali e le piante e i campi e l’onde.
Allora il buon villan sorge dal caro
letto cui la fedel sposa, e i minori
suoi figlioletti intepidîr la notte;
poi sul dorso portando i sacri arnesi
che prima ritrovâr Cerere, e Pale,
move seguendo i lenti bovi, e scote
lungo il picciol sentier da i curvi rami
fresca rugiada che di gemme al paro
la nascente del sol luce rifrange.
Allora sorge il fabbro, e la sonante
officina riapre, e all’opre torna
l’altro dì non perfette, o se di chiave
ardua e ferrati ingegni all’inquieto
ricco l’arche assecura, o se d’argento
e d’oro incider vuol gioielli e vasi
per ornamento a nova sposa o a mense.
Ma che? tu inorridisci, e mostri in capo,
qual istrice pungente, irti i capelli
al suon di mie parole? Ah, il tuo mattino,
signor, questo non è. Tu col cadente
sol non sedesti a parca cena, e al lume
dell’incerto crepuscolo non gisti
jeri a posar, qual nei tuguri suoi
entro a rigide coltri il vulgo vile.
A voi celeste prole, a voi, concilio
almo di semidei, altro concesse
Giove benigno: e con altr’arti e leggi
per novo calle a me guidarvi è d’uopo.
Tu tra le veglie, e le canore scene,
e il patetico gioco oltre più assai
producesti la notte; e stanco alfine,
in aureo cocchio, col fragor di calde
precipitose rote, e il calpestio
di volanti corsier, lunge agitasti
il queto aere notturno, e le tenébre
con fiaccole superbe intorno apristi,
siccome allor che il siculo terreno
da l’uno all’altro mar rimbombar féo
Pluto col carro a cui splendeano innanzi
le tede de le Furie anguicrinite.