sabato 7 febbraio 2009

Il Mattino, Giuseppe Parini

Il Mattino secondo la lezione del Manoscritto Ambrosiano IV,3-4
Sorge il mattino in compagnìa dell’alba innanzi al sol, che di poi grande appare su l’estremo orizzonte a render lieti gli animali e le piante e i campi e l’onde. Allora il buon villan sorge dal caro letto cui la fedel sposa, e i minori suoi figlioletti intepidîr la notte; poi sul dorso portando i sacri arnesi che prima ritrovâr Cerere, e Pale, move seguendo i lenti bovi, e scote lungo il picciol sentier da i curvi rami fresca rugiada che di gemme al paro la nascente del sol luce rifrange. Allora sorge il fabbro, e la sonante officina riapre, e all’opre torna l’altro dì non perfette, o se di chiave ardua e ferrati ingegni all’inquieto ricco l’arche assecura, o se d’argento e d’oro incider vuol gioielli e vasi per ornamento a nova sposa o a mense. Ma che? tu inorridisci, e mostri in capo, qual istrice pungente, irti i capelli al suon di mie parole? Ah, il tuo mattino, signor, questo non &egrave. Tu col cadente sol non sedesti a parca cena, e al lume dell’incerto crepuscolo non gisti jeri a posar, qual nei tuguri suoi entro a rigide coltri il vulgo vile. A voi celeste prole, a voi, concilio almo di semidei, altro concesse Giove benigno: e con altr’arti e leggi per novo calle a me guidarvi &egrave d’uopo. Tu tra le veglie, e le canore scene, e il patetico gioco oltre più assai producesti la notte; e stanco alfine, in aureo cocchio, col fragor di calde precipitose rote, e il calpestio di volanti corsier, lunge agitasti il queto aere notturno, e le tenébre con fiaccole superbe intorno apristi, siccome allor che il siculo terreno da l’uno all’altro mar rimbombar féo Pluto col carro a cui splendeano innanzi le tede de le Furie anguicrinite.